1. Mi manca il pianoforte.

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    Noel Archer
    Papà
    Ricordi
    By Lene85 il 2 June 2013
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    Ho trovato questa foto fra le cose del nonno.
    Il mio primo incontro con un pianoforte.

    28 settembre 1986. Edimburgo
    Quelle che si intravedono sullo sfondo credo che siano le dita di papà.

    Last Post by Lene85 il 2 June 2013
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  2. Charlie.

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    Uno dei primi ricordi che ho di Charlie è un piccolo frammento di vita quotidiana. Straordinariamente nitido, se pensiamo a quanti anni fa risale. Charlie ha più o meno sette anni o otto anni ed è seduto con me e le mie bambole attorno al tavolino basso e oscenamente rosa che c’era nella stanza dei giochi, quello che usavo per far prendere il tea alle mie amiche di plastica. Ha l’aria annoiata, ma per farmi piacere, sorseggia il tea immaginario con un aria comicamente convinta.
    A quell’epoca ancora non sapevo la sua storia. Non sapevo che quella donna dall’aria altera, quasi arcigna, che ogni primo giugno lo scaricava a casa nostra e il trentuno agosto veniva a riprenderselo, non era la sua balia, ma sua madre, e che era nato da uno squallido tentativo di incastrare mio padre in un matrimonio riparatore.
    Sapevo che era mio fratello. Che il nonno lo amava quanto amava me, e che era bello stare con lui… Mi piaceva quando sorrideva, da piccolo era cicciottello, e aveva le fossette quando stirava le labbra. Proprio come le ho io.
    Crescendo seppi dal nonno che Sarah, la madre di Charlie, era una stronza della peggior specie. Un arrampicatrice sociale che per farsi un nome nel mondo della musica non aveva esitato ad infilarsi nel letto di mio padre una sera che era ubriaco. Una sola volta e aveva avuto fortuna. Era rimasta incinta e certificato alla mano aveva preteso il matrimonio. <<o faccio scoppiare uno scandalo.>> Era stata la minaccia..
    Mio padre però, non ne aveva voluto saperne.
    Da qualche settimana aveva iniziato a frequentare mia madre, non aveva intenzione di infilare la testa nel cappio che Sarah gli aveva preparato. Le disse che avrebbe riconosciuto il bambino, ma che il matrimonio poteva ficcarselo nel culo.
    Ci vollero tre anni di battaglie legali interminabili, aiutato dall’influenza di mio nonno e di suo fratello maggiore, all’epoca Sindaco della città di Glasgow, perché mio padre potesse prendere in braccio il suo primogenito.
    Da Charlie, in seguito seppi che lui di papà aveva solo qualche ricordo. Che era molto alto, che per i suoi occhi di bambino sembrava sfiorare con la testa il lampadario. Che parlava a voce bassa, come il nonno, e che come il nonno sorrideva spesso. Anche se aveva gli occhi sempre tristi e che non l’ha mai sentito ridere.
    O per lo meno, lui non se lo ricorda.
    Non posso credere che sia a Tokyo.
    Ci siamo lasciati gridandoci addosso mesi fa, davanti alla tomba del nonno ce ne siamo dette di tutti i colori, non riesco a capacitarmi che sia venuto qui. A riallacciare i rapporti. Avevo dimenticato che , nella vita, accadono anche le cose belle.


    Edited by Lene85 - 15/8/2012, 17:11
    Last Post by Lene85 il 15 Aug. 2012
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  3. L'Uomo della Luna.

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    Mervin
    Ricordi
    Telefonate
    By Lene85 il 18 June 2012
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    Mervin è a letto, circondato da sigilli anti transizione e riempito di tranquillanti; la sua stanza per quanto fornita di ogni comfort, sorvegliata da Herentas Zusa inizia a stragli stretta. Gli deve essere difficile mantenere una parvenza di equilibrio in una condizione così difficile; forse per questo si lascia sfuggire un sospiro spazientito nel tenere l'apparecchio accostato all'orecchio, come se capisse di aver avuto una pessima idea, una trovata che può soltanto acuire la sofferenza di Marlene, più che la propria. Vorrebbe scrollare la testa con vigore, si trattiene per timore di sfiorare il lato sinistro ma una fitta acuta incendia la carne, raggiunge persino le ossa, dando al suo sguardo una furia febbrile. <non è una buona cosa...> borbotta a mezza voce, rauco ed in tono ruvido. Marlene è a casa, sola, come sempre del resto. Lei che più di tutto rifiutava la solitudine, da quando questo incubo è iniziato, ci sta sguazzando dentro. E’ seduta sul divano, che in queste due ultime settimane è diventato anche il suo letto, il suo scrittoio, e a volte tavolino per mangiare, quando è talmente abbattuta da non riuscire ad alzarsi. Nell’appartamento regna l’oscurità e solo la luce azzurrina della televisione,illumina la figuretta accucciata della bijus. Ginocchia raccolte al petto, braccia a stringerle forte, mento appoggiato nell’incavo. Capelli sciolti e non pettinati a contornarle il viso pallido e smunto. Davanti a lei, sul tavolinetto da caffè, una scatola di pizza, con solo uno spicchio in meno, una bottiglia di gazzosa con un bicchiere di carta a lato. Indossa il pigiama, che è in sostanza, un paio di pinocchietto a quadrettoni verdi e rossi, tipo la trama di un kilt scozzese, e una maglia nera a maniche corte con uno scollo a barca che lascia scoperta una spalla a seconda di come si muove. Dimagrita tanto da sembrare affogare nei vestiti, della Marlene di qualche mese fa, sono rimaste solo le guanciotte, che in qualche modo, stanno resistendo al degrado fisico e mentale della gattina. Alla tv sta guardando una vecchia vhs, che domani porterà da un fotografo perché la passi su più dvd per ricordo. Un uomo, parecchio in là con l’età, e il suo violino. Si tratta del nonno della nostra gattina, in uno dei virtuosismi che l’hanno reso leggenda per anni, e di lei, cucciola di sei o sette anni che lo osserva rapita dal divano. Quando il cellulare squilla, ha la brillante idea di rispondere senza guardare il numero. La voce che raggiungerà il cherubino, per quanto bassa, è apparentemente tranquilla <pronto?> In lontananza sentirà qualcuno suonare magistralmente un pezzo di Paganini, la Campanella, e una vocina di bimba trillare [‘Un’altra volta nonno!’]...

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    Last Post by Lene85 il 18 June 2012
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  4. Serva me. Servabo te.

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    Mervin
    Ricordi
    By Lene85 il 3 June 2012
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    Marlene, quando lo sente andare in apnea perde un minimo di controllo, trasale letteralmente e cerca di farlo sollevare ancora un po’ per fargli riprendere un ritmo respiratorio decente. Gli massaggia anche il centro delle spalle, con la mano intanto nemmeno sapesse che siamo quasi alla fine, strofina il viso contro il suo: «Mi hai avuto e mi avrai…» promette cocciuta scandendo bene le parole, quasi temesse che Mervin possa perdersele: «Sempre.» dovesse aspettarlo per tutti i trecento anni che le restano da vivere: «Non ti lascerò andare via così, hai capito?» Lo stringe con più forza a sé «Dovessi impiegare tutta la vita per trovare la cura. Tu aspettami okay?»
    Si guarda attorno disperata, intanto che il fiato inizia a mancare anche a lei: «Per la fine dell’estate, saremo qui a guardarle l’ultimo spettacolo. Abbiamo visto il primo e vedremo l’ultimo.» gli solleva il viso con una mano: «Andrà così.» Deve crederlo, deve farlo se non vuole impazzire del tutto. Se non vuole smettere di lottare, e aspettare che il Guardiano se li mangi tutti stesa in un angolo: «Mi hai ridato la vita, quella sera al pub. Avevo smesso di credere di poter essere felice, quando ti ho incontrato, e questo non è un addio hai capito?» gli parla a bassa voce, ma scandisce bene le parole, come se volesse piantargliele nella testa una per una. Sa verso cosa sta andando incontro, e sta cercando di dargli l’ultimo conforto prima che il destino glie lo strappi dalle braccia: «Andrò a dormire con te, e mi sveglierò con te. Ti terrò nel cuore e nei pensieri fino a che non potrò abbracciarti di nuovo. Io ti aspetto, hai capito? Ti aspetto.»
    Mervin ha lottato per guadagnare qualche istante, mantiene lo sguardo su Marlene e si sforza di sorridere: «Lo stesso per me.» le assicura con un filo di voce: «Tornerò da te, lo prometto e non ti lascerò mai più. Ti amo.» si aggrappa a quanto ne resta della sua forza, un soffio persino più lieve di quelle ultime parole: «Fidati di me, io ritornerò.» la frase si smorza, stavolta, l'apnea non si interrompe: non è colto da spasmi, semplicemente si abbandona completamente alla spossatezza accumulata nei giorni passati. Gli occhi blu restano sul viso di Marlene, le dita indugiano sulla pelle sino a quando il braccio non ricade lentamente in grembo, socchiude le labbra e rimane immobile. La sua aura si è esaurita, come se la cera avesse soffocato la fiamma e ciò che resta di lui è un corpo rilassato come di persona addormentata, ma senza luce sul volto, senza calore, senza vita apparente.
    E alla fine succede… con quell’ultima carezza la speranza si spegne e la sua paura più grande, il suo incubo, la morte di...

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    Last Post by Lene85 il 3 June 2012
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“ Voglio essere un bastardo ”
WANNA BE BASTARD ★ CREATED BY AMPHETAMINES'
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